Cos’è un ALLENAMENTO realmente?
Durante le passate settimane ho fatto diverse chiacchierate con giovani nuotatori partendo da questa domanda: quando è che hai avuto l’opportunità di apportare dei cambiamenti effettivi al tuo modo di nuotare?
Queste conversazioni mi hanno dato una sorta di consapevolezza sul modo in cui alcuni ragazzi approcciano i loro allenamenti e su che cosa dovrebbe cambiare nel loro modo di vedere le cose.
Durante la mia ormai lunga esperienza come allenatore, durante la quale ho osservato un enorme quantità di atleti, ho capito che i grandi campioni hanno una specie di eleganza e fluidità che li accompagna in qualsiasi movimento acquatico essi mettano in pratica.
Non parlo tanto della qualità del movimento quando sono in gara perché in questo caso tutto diventa più “aggressivo”. Parlo di come nuotano quando si allenano o fanno riscaldamento prima della gara. Insomma parlo del tempo in cui NON sono impegnati a gareggiare. I grandi nuotatori portano la loro fluidità e grazia in TUTTI i loro movimenti acquatici.
I grandi nuotatori trasudano padronanza dell’elemento acquatico.
I grandi nuotatori trasudano padronanza dell’elemento acquatico. C’è una sorta di quiete nel loro modo di interagire con l’acqua. Si muovono in avanti attraverso di essa con una naturalezza che sembra senza sforzo.
Ed hanno la capacità di nuotare LENTAMENTE senza che il loro gesto perda di bellezza... in maniera naturale senza che debbano fare chissà quale sforzo per riuscirci. In realtà tutto viene da anni di lavoro e ricerca della padronanza dell’elemento acquatico.
Mentre lavoravo con nuotatori di varie età rabbrividivo durante gli allenamenti guardando nuotatori lavorare duramente ma non nel modo giusto. Così spesso li ho visti faticare per vincere gare, rimanere dentro i tempi, aumentare la velocità in allenamento sacrificando lo sviluppo di capacità di cui avrebbero avuto ASSOLUTO bisogno se avessero voluto realmente andare più veloce. Mi chiedo cosa pensassero e cosa sentissero mentre perdevano l’esperienza di scivolare attraverso l’acqua e di sentire una presa totale e completa su di essa ad ogni bracciata.
L’irrisolta questione
Se non avessimo insistito tanto, spiegato e mostrato molte di queste capacità… avrei potuto capirlo. Sarebbe stato un nostro fallimento. Poi può darsi che sia comunque un nostro fallimento. Abbiamo, come allenatori, continuato a supportare il processo di pensiero secondo cui il nuoto è soltanto, a tutte le età, una questione di andare veloce e più veloce?
Non avremmo dovuto favorire la consapevolezza di come si dovrebbe approcciare un allenamento per padroneggiare certe abilità natatorie? O per raggiungere la naturalezza di movimento in acqua? Questa, a mio avviso, è l’irrisolta questione degli allenatori: tecnica o lavoro?
I nuotatori con cui ho parlato hanno tutti mostrato la stessa preoccupazione quando gli dicevo che mi sarei aspettato una tecnica migliore durante l’allenamento: “posso farlo ma andrò più lento“. Questo è il momento in cui dovrebbe entrare in gioco la maturità e, perché no, un po’ di saggezza.
che allenamenti forniamo ai nostri atleti?
Stiamo fornendo ai nostri atleti allenamenti che ricompensano un intervallo più veloce e non una fase di presa più produttiva? Stiamo creando nuotatori che si preoccupano più di quanto veloce possono nuotare le ripetute che non di dover “imbroglicchiare” un po’ per arrivare a fare quel tempo? Ci vantiamo di quanto i nostri atleti hanno abbassato i loro tempi ma sotto sotto siamo preoccupati delle loro virate a una mano, spinte scarse dal muro, bracciate approssimative e arrivi in scivolata? Abbiamo creato un fra intendimento sul concetto di prestazione in allenamento che limiterà l’abilità del nuotatore nell’interiorizzare determinate capacità che dovrebbero fondersi con il sistema nervoso centrale aumentando le possibilità di concretizzazione del potenziale dell’atleta?
Dovremmo capire che i tempi in allenamento sono usati solo per vantarsi con gli altri allenatori e nuotatori per sottolineare la TENACIA delle serie che abbiamo fatto durante le sessioni di pratica. Ci saranno sempre storie leggendarie di allenamenti durissimi. L’allenamento 30 x 1000 di Fran Crippen è leggendario, ma egli è riuscito a portarlo a termine solo grazie alla sua tecnica e alla capacità di mantenerla integra a dispetto della fatica.
Queste sono indubbiamente grandi storie ma lo scopo principale di questi allenamenti è costruire una fortissima risolutezza e determinazione mentale, non necessariamente velocità in vasca. Inoltre Fran era un nuotatore di acque libere che avrebbe dovuto mantenere il gesto tecnico e un’andatura specifica per almeno un’ora di fila… non è una cosa che fa normalmente un gruppo di esordienti (non ancora, almeno)!
Le domande agli allenatori
Le domande agli allenatori sono: concederete ai vostri nuotatori 5 o 10 secondi in più nei loro recuperi solo se vedrete scivolamenti perfetti con qualche ottima gambata a delfino dopo la virata? Concederete qualcosa in più in allenamento se ogni nuotatore si impegna a fare una o due bracciate in meno per vasca in modo da massimizzare l’allungo ed abituarsi a una lunghezza di bracciata necessaria per chiunque voglia competere ad alti livelli? Gli permetterete qualche extra di riposo se vi concedono quei secondi per criticare costruttivamente il loro gesto tecnico in ogni stile?
Le domande ai nuotatori
Le domande ai nuotatori sono: Vi concentrate su qualcosa di verso dalla preoccupazione di riuscire a stare nell’intervallo stabilito o di battere il ragazzo della corsia a fianco? Potete spingervi un poco più oltre nella fase subacquea dopo la virata? Potete contare le vostre bracciate, analizzare lo schema di respirazione, concentrarvi sulla posizione della testa, sul rollìo o…? (la lista potrebbe continuare a LUNGO).
E, se riuscite a fare queste cose, potete spiegarle al vostro allenatore? Dirgli su cosa vi siete concentrati o cosa avete provato a modificare in modo da lavorare assieme a lui per muovervi insieme verso quel risultato finale che vi darà più possibilità di successo?
A che serve davvero l’allenamento?
La pratica serve a praticare quelle capacità di cui avrai bisogno nelle grandi gare. La pratica serve a chiedere al tuo corpo quelle cose che lui istintivamente non riesce a darti, il che aggiunge stress fisico il quale si traduce in allenamento. La pratica serve a sviluppare uno schema e a lavorare su di esso fino a un punto di esaurimento. E quando lo schema si “rompe” (perché hai lavorato per arrivare al punto di rottura) potrai sapere come reagirai se succederà in gara.
Personalmente mi sento di rinnovare l’impegno che ho con i miei atleti di chiedere loro una migliore esecuzione tecnica e formale del gesto. E devo farlo in un modo che sia per loro comprensibile, con logica e motivazione e non con strilli e grida. E’ mio dovere di coach. Non posso pretendere di essere riuscito a fare del mio meglio quando vedo che le cose non vanno nella direzione del miglioramento dei miei nuotatori.
E mi aspetterò lo stesso impegno verso la migliore esecuzione formale e tecnica del gesto dai miei atleti. Se non vedrò questo impegno mi aspetterò una spiegazione sul perché in modo da poter costruire un migliore “sentiero di comunicazione” che ci dia quella possibilità in più utile per avvicinare ogni nuotatore al suo massimo potenziale… un giorno o l’altro.
Glenn Mills
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