Riportiamo alcune riflessioni, a nostro avviso molto interessanti, dell’allenatore Bob Gillett a proposito della battuta di gambe in immersione e del suo utilizzo in gara.
Una filosofia alla base dei miei allenamenti
Cercherò di condividere con voi due componenti importanti della mia filosofia di allenamento che ha influenzato il mio lavoro sulla battuta di gambe in immersione. Ogni allenatore, consciamente o inconsciamente, basa il proprio lavoro su alcune convinzioni di base (maturate durante anni di esperienza lavorativa o di studio) che determinano molte decisioni e insegnamenti del loro lavoro quotidiano con i nuotatori. Due delle più solide componenti della mia filosofia di allenamento includono “dedizione a tecniche specifiche” e l’importanza di “cambiare” per migliorare le prestazioni.
Ogni allenatore dovrebbe studiare, sistematizzare, utilizzare e poi dedicarsi a tecniche specifiche. Ci sono un sacco di possibili variazioni a molte delle abilità sviluppate o sviluppabili dal nuotatore. Comunque tu in quanto allenatore hai la necessità di abbracciare con forte costanza il modello concettuale che ritieni il migliore per la specifica abilità che desideri far apprendere ai tuoi nuotatori. Se non hai sufficiente convinzione procurerai ai tuoi atleti un atteggiamento di incertezza in merito a quanto debbano pensare (quale importanza dare) ad una specifica abilità o sul come applicare quel percorso motorio e quella capacità. Questo è uno svantaggio tremendo per il tuo atleta e può portarlo a una grande frustrazione. Troppe volte ho sentito nuotatori dire “Non ho capito cosa devo fare o perché sto facendo questa cosa in questo modo”. Dedicatevi a un modello concettuale e SVILUPPATELO DURANTE L’ALLENAMENTO.
Quando vi dedicate a un modello concettuale significa che gli dedicherete tutta la vita? Spesso quel che credevamo essere vero ed estremamente efficace in passato è invece diverso da quello che crediamo ed applichiamo ad oggi con i nostri nuotatori. Quindi va benissimo cambiare, modificare e mettere in dubbio! E’ possibile addirittura avere, per diversi nuotatori, diversi modelli concettuali per lo sviluppo di una stessa abilità. O, se avete lo stesso nuotatore che riesce a metterli in pratica, diversi modelli concettuali per lo sviluppo di una stessa abilità da usare in situazioni diverse. Dovete soltanto tenere a mente che è importante adottare un modello concettuale molto specifico al fine dello sviluppò di determinate abilità. Quello che va bene adesso ma sarà sbagliato in futuro è sempre meglio che essere vaghi ed evitare di abbracciare una tecnica specifica di allenamento.
Un’altra importante componente filosofica è la passione per il cambiamento. Non “cambiare” per il semplice gusto di cambiare, ma la continua ricerca di ciò che è meglio. Uno degli atteggiamenti peggiori per un allenatore è quello di compiacenza per il proprio lavoro, che può portare alla ripetizione delle stesse cose giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, mese dopo mese, ed anche anno dopo anno.
Alcuni allenatori, così come alcuni nuotatori, temono il cambiamento, quando invece dovrebbero accoglierlo a braccia aperte! Se rimani lo stesso anche la tua prestazione rimarrà pressappoco la stessa. Questo è il motivo per cui molti nuotatori migliorano davvero molto poco dopo che la loro altezza e il loro rapporto peso/forza ha raggiunto lo sviluppo massimo. Continuano a nuotare con gli stessi schemi di ritmo (secondi per ciclo di bracciata) e distanza per ciclo (conteggio dei cicli), e come risultato ottengono gli stessi tempi in vasca
La battuta di gambe in immersione – una breve storia
Benché mi sia stato riconosciuto, in tempi recenti, il merito di aver portato a nuova luce la battuta di gambe in immersione, io non sono certo stato il primo ad sperimentare la velocità di questo colpo di gambe e della sua grandissima influenza sulla prestazione del nuotatore. Molti di noi assegnerebbero al grande dorsista David Berkoff la palma di vero pioniere del lavoro sulla battuta di gambe in immersione. Nel 1988 infranse il record mondiale nel dorso utilizzando per circa 35 metri (30-31 colpi di gambe) la battuta di gambe in immersione dopo lo start e per circa 15 metri dopo la virata. A lui e al suo allenatore ad Harvard, Joe Bernel, deve essere dato credito per una tale applicazione di questa tecnica e per il successo che ha generato. Proprio queste performance portarono all’elaborazione della regola dei 15 metri. Quest’ultima pose fine alla “rottura lunga dell’acqua” che era diventata fondamento per un continuo assalto al libro dei record.
Molti di noi si sono chiesti perché questa innovazione non sia stata applicata subito anche allo stile Farfalla. Può darsi che il pensiero diffuso della velocità di quello stile rispetto alla velocità del dorso abbia alimentato la credenza che l’applicazione di una tale tecnica in immersione non avrebbe avuto successo. Qualunque fosse la ragione la norma a Farfalla rimase, dopo il tuffo o la virata, quella di un paio di colpi di gambe in immersione prima della riemersione.
Fu quasi per caso che demmo nuovo inizio a questa “nuova” tecnica mentre lavoravo con una delle mie giovani delfiniste, Misty Hyman, nel marzo del 1994. Misty era rimasta, durante tutta la sua crescita agonistica, decisamente scarsa sulla velocità delle partenze. Era finalmente riuscita ad arrivare a livello delle nazionali di nuoto Juniores rientrando nei tempi per un pelo, nei 100 e 200 Farfalla. Poco prima dei Nazionali Juniores SC del 1994 (Long Beach, California) avevo programmato con lei una sessione di allenamento con l’obiettivo di migliorare i suoi tempi “poco soddisfacenti” sulle partenze. La cronometrai su uno scatto di 25 m con tuffo a 12.4 – che anche a quel tempo l’avrebbe lasciata indietro in partenza. Discutemmo sul tentativo di “esagerare” la streamline. Come era sua abitudine, Misty si impegnò al 110% come per tutte le cose che le chiedevo in allenamento! Accentuò la streamline e durante queste prove ritardò la rottura dell’acqua aggiungendo dei colpi di gambe mentre cercava di migliorare la streamline in immerisone. Le dissi: “Dovresti rifarlo, devo aver sbagliato a prendere il tempo: 11.8”. Così tornò indietro e lo fece di nuovo: 11.7. Fummo subito entusiasti e ci dedicammo subito ad esplorare quella possibilità! Dissi: “Aggiungiamo un altro paio di copi di gambe in immersione e vediamo che succede”. Quando sul cronometro si materializzò 11.5 eravamo all’inizio di un’eccitante avventura nell’allenamento della battuta di gambe in immersione.
[…continua]
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