L’Overtraining (sovrallenamento) sembra essere associato a cambiamenti nelle funzioni neuromuscolari, ormonali e del sistema immunitario i quali riducono l’abilità dell’atleta di tollerare l’allenamento.
Le basi del discorso sul sovrallenamento furono gettate decadi or sono da Hans Selye (1956) nel suo famoso discorso sulla sindrome da stress. Selye definiva lo stress in maniera semplice, come logorìo del corpo. I fattori che causavano lo stress erano chiamati “stressors” (“fattori di stress” in italiano). L’esercizio fisico, la malattia, gli infortuni, i fattori emotivi e l’ansia furono identificati come fattori di stress primari. Una dieta squilibrata, poco sonno e un riposo inadeguato vennero invece qualificati come fattori che andavano a ridurre la tolleranza agli stressors dell’atleta.
Selye teorizzava che l’organismo ricavasse le risorse per gestire lo stress da una riserva di energia generale di adattamento. L’idea era ovviamente un’astrazione, non c’è infatti nessuna area fisica vera e propria per l’immagazinaggio di tali energie. Nondimeno Selye pensava che gli esseri umani reagissero allo stress attingendo da questa riserva “finita” di energia di adattamento. E pensava che la quantità di questa “forza di reazione” allo stress fosse predeterminata geneticamente. Inoltre pensava che questa energia generale fosse composta da specifiche riserve di energia, ognuna adatta a contrastare un determinato e specifico fattore di stress. Ma credeva anche che l’allenamento potesse incrementare queste riserve energetiche capaci di far reagire l’atleta allo stress. In altre parole gli atleti avrebbero potuto incrementare la loro tolleranza ai singoli fattori di stress con allenamenti specifici. I fattori di stress specifici più comuni che agiscono sui nuotatori sono l’allenamento, la domanda scolastica, la domanda sociale, l’ansia, le malattie e gli infortuni. Le riserve cui attingere per contrastare questi stressors sono il riposo e la corretta alimentazione.
Selye sosteneva che la riseva di energia generale di adattamento potesse esaurirsi, o quasi, quando:
- La richiesta anche di una singola delle attività/fattori di stress fosse aumentata in maniera importante
- La richiesta di una o più delle attività/fattori di stress fosse aumentata in maniera improvvisa
- La dieta e il riposo non fossero sufficienti a rimpiazzare le perdite dell’energia generale causate dagli stressors
Le reazioni all’allenamento e alle gare di molti nuotatori sembrano supportare la teoria di Selye. Gli atleti presentano sintomi di overtraining spesso quando aumentano improvvisamente il volume o l’intensità del proprio allenamento o degli altri fattori di stress. Ad esempio la loro capacità di allenarsi in maniera produttiva decade quando hanno crisi personali, emotive o ansie. Atleti che hanno una vita sociale intensa o molte attività “extra-piscina” frequentemente non hanno abbastanza tempo per riposare e rimpiazzare l’energia spesa.
Non è bello che l’idea di sovrallenamento sia associata con il messaggio -l’atleta si sta allenando troppo. Infatti la teoria di Selye include molti altri fattori. L’allenamento è solo UNO di questi, ed è quello maggiormente necessario all’atleta che voglia avere successo nella disciplina che pratica, il nuoto nel nostro caso. Non voglio che da queste considerazioni emerga l’idea che i nuotatori debbano evitare il lavoro duro per paura di finire in overtraining! E’ proprio il contrario! Gli allenamenti duri sono necessari per stimolare nel sistema fisiologico quegli adattamenti che portano verso livelli ottimali di prestazione. Solo quando essi eccedono la tolleranza del singolo atleta, è allora che diventano controproducenti. Quando questo succede la conseguenza dell’allenamento si sposta dal solito effetto anabolico (costruttivo) a esiti che sono catabolici. In altre parole, l’allenamento logora l’atleta!
Purtroppo i casi di sovrallenamento sono molto frequenti tra atleti fortemente motivati, proprio perché questi ultimi cercano sempre di oltrepassare il proprio limite, spesso prima che il loro organismo sia pronto a farlo.
Una delle cose più tristi è veder fallire un atleta che si impegna moltissimo pur avendo fatto innumerevoli sacrifci perseguendo con tenacia il fine del successo. Gli atleti camminano su un filo durante la loro preparazione e allenamento. La preparazione deve essere sufficientemente intensa da produrre un sovraccarico allenante e simultamente concedere sufficiente recupero in modo che lo stress non diventi intollerabile. L’atleta deve costantemente rimpiazzare le calorie che consuma e gestire altre potenziali fonti di stress in modo che non interferiscano con l’allenamento.
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