Essere un atleta transgender nel mondo del nuoto

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    Essere un atleta transgender nel mondo del nuoto

    Poco tempo fa unə miə amicə – che non è unə nuotatorə – ha deciso di iniziare il processo di transizione (cambio di sesso) sentendosi transgender. La sua è stata una storia di battaglie e lotte per affermare la propria identità ed ha, pian piano, cominciato la transizione per il cambio di sesso. Da nuotatore, mi sono subito chiesto come l’esperienza transgender  possa riflettersi sulla vita di un atleta.

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    Considerata anche tutta la vicenda di Lia Thomas, nuotatrice trans, non ho potuto fare a meno di chiedermi come possa essere vivere una carriera da atleta (nuotatore) transgender. I maggiori riscontri li ho trovati nel mondo anglosassone, nello specifico in quello americano.

    Premessa doverosa

    La premessa a questo articolo è che, a nostro modo di vedere, nello sport non possa esserci posto per discriminazioni di alcun tipo. Ogni singola persona deve semplicemente avere l’accesso e l’opportunità di competere nello sport che ama.

    A che punto è il dibattito?

    Al momento le discussioni sulla partecipazione di atleti transgender in competizioni sportive si incentrano sulle differenze biologiche. Sopratutto sulle donne transgender. Al centro del dibattito stanno i vantaggi fisici che le donne transgender potrebbero avere. Questo nonostante la categoria “femminile” per lo sport in generale sia piuttosto ambigua e non stabilita allo stesso modo per tutti (Ingram, BJ e Thomas, CL (2019). La politica transgender nello sport, una revisione della politica attuale e un commento sulle sfide della creazione di politiche).

    Se vogliamo che le competizioni rimangano eque, è necessario creare regole universali per quanto riguarda l’inclusione o l’esclusione degli atleti transgender. Attualmente, le politiche e l’equità percepita dell’inclusione variano enormemente a livello di competizione sportiva (Tanimoto, C., e Miwa, K. (2021). Fattori che influenzano l’accettazione degli atleti transgender), il che significa che c’è una grande differenza nel modo in cui gli atleti transgender sono percepiti a livello professionale e non professionale.

    Disparità e ormoni

    È importante sottolineare come le disparità di prestazioni basate sul “sesso assegnato alla nascita” variano di parecchio da uno sport all’altro. Per il nuoto sono le più basse (le più alte, invece, le troviamo nell’atletica leggera – studio del 2020 di Bassett ecolleghi).

    Le differenze di performance si concretizzano solo dopo la pubertà e si suppone che siano collegate all’aumento dei livelli di testosterone circolante negli atleti di sesso “maschile” assegnato alla nascita rispetto agli atleti di sesso “femminile” assegnato alla nascita (Handelsman e colleghi, Il testosterone circolante come base ormonale delle differenze tra i sessi nelle prestazioni atletiche. endocr. rev . 39, 803-829. doi: 10.1210/er.2018-00020, 2018). Ma c’è una sostanziale mancanza di dati a dimostrazione che livelli più elevati di testosterone possano essere messi in relazione con prestazioni atletiche migliorate (Karkazis, Gli abusi del “sesso biologico”. Lancet. 394, 1898-1899. doi: 10.1016/S0140-6736(19)32764-3, 2019 ).

    In sostanza è imperativo che si compiano ulteriori ricerche specifiche per collegare l’uso di testosterone alle oscillazioni delle prestazioni sia nelle donne che negli uomini transgender. Gli organi di governo dei vari sport potranno imporre politiche specifiche e specifici requisiti di ammissione solo dopo che si avranno risultati più certi su questo argomento.

    Altri studi

    L’argomento, come abbiamo intuito, è molto vasto e non voglio fare del “cherry picking”. Ne prenderò ad esempio solo alcuni, a mio parere significativi. In questa pagina si trova una buona bibliografia (anglosassone) sull’argomento e se ne discute in maniera molto obiettiva, a me pare.

    Cercando in rete ho trovato questo studio statunitense pubblicato sul British Journal of Sports Medicine:”Effetto degli ormoni che affermano il genere sulle prestazioni atletiche nelle donne trans e negli uomini trans: implicazioni per le organizzazioni e i legislatori sportivi“. Secondo questi ricercatori (ma ovviamente non ci si può basare su uno studio solo, ne sto cercando altri e aggiornerò questo articolo strada facendo) le donne transgender manterrebbero un vantaggio atletico rispetto alle loro coetanee cisgender anche dopo un anno di terapia ormonale.

    Questo, all’atto pratico, vorrebbe solo dire che l’attuale periodo di attesa di un anno per gli atleti olimpici in transizione potrebbe essere inadeguato. Due anni, sostiene uno degli autori dello studio, il dottor Timothy Roberts, sono un lasso di tempo che fornirebbe maggiori garanzie. C’è da sottolineare che questo studio è stato molto specifico e non ha riguardato dei nuotatori.

    Joanna Harper, una dottoressa di Portland, in Oregon, ha condotto una ricerca sugli effetti dei bloccanti del testosterone sulle runner transgender come lei. Dallo studio si evincerebbe che già dopo aver iniziato con gli ormoni le donne trans correvano almeno il 10% più lentamente. Harper ha anche esaminato lo studio di Roberts. Lo considera ben fatto ma con alcune limitazioni. Dice che in quello sudio non ci sarebbero dati sulle abitudini di allenamento per i singoli individui del campione analizzato ma solo una classificaizone della prestazione. Allo stesso modo, secondo Harper, non sembrava esserci uniformità nella data di inizio dell’assunzione di ormoni dei partecipanti e le misurazioni  delle prestaizoni.

    A che punto è il CIO

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    C’è una decisione del CIO (il Comitato Olimpico Internazionale) del 2019 che vieta a tutti gli atleti di competere nella categoria femminile a meno che non abbiano abbassato i loro livelli naturali di testosterone al di sotto di 5 nmol/L. Nel 2021 il livello ammissibile di testosterone è stato alzato a 10 nmol/L. Ma non solo, si è anche aggiunto che questi livelli ormonali vanno mantenuti per almeno 12 mesi precedenti la competizione. Questa sembra essere la normativa più aggiornata in merito (quella del NCAA americano che vedremo sotto è ancora ferma al 2011).

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    Soluzioni proposte

    Al momento, come potrai immaginare, sono state proposte moltisisme soluzioni per includere gli atleti transgender nelle competizioni sportive con il punto fermo del mantenimento dell’equità di competizione nei confronti di tutti gli atleti. Cito, perché a mio parere molto interessante, la proposta di utilizzare un algoritmo che includa tutti gli atleti e li divida in categorie basate su parametri sia fisiologici che sociali: Anderson, L., Knox, T. e Heather, A. (2019). Transatleti nello sport d’élite: inclusione ed equità). È un’idea assolutamente nuova da approfondire per capire quanto un approccio del genere possa essere attuabile e funzionare bene.

    La NCAA e il nuoto

    La NCAA (National Collegiate Athletic Association) è un’organizzazione statunitense di livello nazionale dedicata alla carriera e al benessere degli atleti universitari. Questa associazione, molto attiva anche nel mondo del nuoto, ha una politica di inclusione molto attiva. Ovviamente nello sport essere transgender può creare polemiche e problemi. Ad esempio la Women’s Sports Policy Working Group (associazione di atlete donne) ha protestato perché secondo loro la competizione diventerebbe “non equa”. Se si approfondisce la questione ci si accorge che nemmeno negli USA esiste una politica molto estesa, o “universale” per quanto riguarda gli atleti transgender di discipline acquatiche. Ma è proprio il nuoto a dare l’esempio tramite l’NCAA.

    A causa delle differenze nella struttura fisico/muscolare, esistono regolamenti separati per le donne/uomini transgender che non si sottopongono a terapia ormonale sostitutiva (HRT). Gli uomini transgender possono competere sia nelle squadre femminili che in quelle maschili, a seconda di quale rifletta meglio la loro identità di genere? Le donne transgender tenderebbero ad avere un vantaggio fisico? Dovrebbero competere solo in competizioni maschili?

    In quasi tutti gli sport gli atleti transgender che si sono sottoposti a terapia ormonale sostitutiva possono unirsi a una categoria che riflette la loro identità di genere. Le differenze tra i costumoni da gara maschili e femminili sono un problema aggiuntivo. Tuttavia nel regolamento NCAA ci sono varie deroghe.

    • Regola 3.1.1.b stabilisce la forma ammessa per i costumi da gara uomo/donna
    • Rule 3.1.1.b.3 – Per gli uomini il costume non deve estendersi sopra la vita né sotto la parte superiore della rotula
    • Rule 3.1.1.b.4 – Per le donne, il costume non deve estendersi oltre le spalle né sotto la parte superiore della rotula, né coprire il collo.

    L’unico caso nel nuoto? Le regole secondo la politica di inclusività NCAA

    Uno studente-atleta maschio transgender che ha ricevuto un’eccezione medica per il trattamento con testosterone per disturbo dell’identità di genere diagnosticato (o disforia di genere e/o transessualismo), ai fini della competizione NCAA può competere in una squadra maschile ma non è più idoneo a competere in una squadra femminile senza cambiare lo status di quella squadra in una squadra mista.

    Una studentessa-atleta femmina transgender in trattamento con farmaci per la soppressione del testosterone per il disturbo dell’identità di genere o la disforia di genere e/o il transessualismo, ai fini della competizione NCAA può continuare a competere in una squadra maschile ma non può competere in una squadra femminile senza cambiarlo in uno stato di squadra mista fino a che non sia trascorso un anno solare di trattamento di soppressione del testosterone.

    Cosa succede quando un atleta acquatico decide di iniziare la terapia ormonale sostitutiva?

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    Cosa succede quando un atleta acquatico decide di iniziare la terapia ormonale sostitutiva? Ci sono diversi passaggi complicati in questo processo di transizione.

    Gli atleti maschi transgender devono cambiare subito genere nella squadra a causa degli effetti del testosterone sull’organismo. Possono farlo in qualsiasi momento dell’anno agonistico anche a metà di una stagione. Le atlete transgender donna devono invece aspettare un anno perché sia possibile per loro competere nella categoria del loro nuovo genere.

    Prima che l’atleta inizi il trattamento ormonale, la sua società deve richiedere una deroga alla NCAA per i costumoni da gara. Questo non è un processo particolarmente complicato. L’unico vincolo è che l’approvazione della deroga ha una durata annuale. Quindi ogni anno la richiesta deve di nuovo essere inviata perché  sia possibile gareggiare nel costumone giusto per il proprio, nuovo, corpo.

    L’altra cosa per cui è necessario un nulla osta è l’assunzione di ormoni. Il sito NCAA spiega la procedura. Per la richiesta di approvazione per l’uso di ormoni basta presentare alla NCAA la documentazione medica a sostegno della diagnosi e del trattamento. Una volta ricevuto l’ok l’atleta può gareggiare con un costumone femminile e assumere ormoni.

    Alcuni atleti statunitensi l’hanno già fatto. Sono stati rilasciati due nulla osta da quando quest’opzione è attiva, a studenti-atleti che richiedevano il permesso per l’uso di costumoni diversi da quelli del loro genere di appartenenza. Uno dei nuotatori transgender più importanti è Schuyler Bailar, che ha nuotato ad Harvard alcuni anni fa.

    Spero che questo articolo possa dare una prima, microscopica, spinta alla discussione su un argomento che ha bisogno di essere affrontato, anche nel nostro paese, per fare in modo che lo sport sia inclusivo ed educativo proprio come deve essere. Gli sport acquatici sono sport fantastici e inclusivi e dovrebbero essere accessibili a tutti gli atleti, indipendentemente dalla loro identità di genere.

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