LA PRESSIONE IDROSTATICA
Altro aspetto d’interesse che differenzia il mezzo acquatico dal terrestre è quello dell’aumento della pressione idrostatica che si sperimenta all’introdursi nell’acqua. La pressione idrostatica è direttamente correlata con la densità del fluido e l’acqua è 800 volte piu densa dell’aria. Ciò fa si che ogni 10 metri di profondità, la pressione idrostatica aumenti, approsimativamente, di 1 amosfera (101.325 Pa o 760 millimetri di mercurio). Questa situazione va tenuta presente quando si fa della subacquea, specialmente a grande profondità, perché l’aumento di pressione comprime i tessuti biologici e può originare qualche problema nell’orecchio medio se non si esegue una compensazione adatta a contrastare la pressione. I tessuti molli son quelli piu modificati dall’aumento di pressione, specialmente i polmoni. Quindi, come mostra la figura 7, ogni volta che aumenta la pressione in 1 atmosfera, il volume polmonare si comprime della metà, ne consegue che a 10 m. di profondità, il volume polmonare è circa la metà rispetto al suo volume a livello del mare e così di seguito (si tenga comunque presente che esistono dei meccanismi interni che aumentano la resistenza alla compressione).
Evidentemente, esistono prfondità in cui può essere pericoloso arrivare. Nondimeno, il record mondiale di discesa in apnea nella modalita “senza limiti” (il nuotatore scende attaccato ad un cavo aiutato da una slitta senza limite di zavorra e risale per mezzo di un galleggiante che si riempie d’aria quando si arriva alla profondità prevista) è di 170 m!!! Questa prodezza è stata fatta dalla francese Audrey Mestre il 9 di ottobre del 2002, tuttavia, l’apneista è morta subito dopo nel tentativo di battere nuovamente il proprio record.
Senza necessita di immergersi tanto in profondità per comprendere la pressione idrostatica, la compressione sperimentata quando si sta nuotando, assieme alla posizione orizzontale del corpo, facilita il ritorno venoso ed il riempimento del cuore, potendo aumentare di circa il 20%. Per questo motivo, la frequenza cardiaca durante il nuoto solitamente è di 10 pulsazioni/minuto in meno rispetto ad un’esercitazione terrestre di simile intensità. L’aumento della pressione idrostatica ha, quindi, un effetto benefico sul ritorno venoso del sangue, essendo questo uno dei motivi per cui si suggerisce il nuoto alle ppolazioni con problemi circolatori. Nel mezzo terrestre la deambulazione bipede fa si che il sangue degli arti inferiori debba andare contro la gravità, situazione in cui si vede peggiorata la capacità circolatoria locale per la difficoltà del sistema venoso di pompare sangue in modo indipendente senza contributo della contrazione muscolare (figura 8).
Col tempo, questa situazione può degenerare in problemi circolatori come per esempio, la formazione delle vene varicose. Durante il nuoto, la posizione orizzontale del corpo ed il massaggio che determina l’acqua facilitano il ritorno venoso, conseguentemente, i nuotatori sono gli sportivi che presentano meno problemi di circolazione periferica.
IL LAVORO MUSCOLARE
Durante il nuoto, la situazione d’ipogravità idrostatica fa sì che la muscolatura lavori in maniera diversa rispetto all’ambiente terrestre. Nella locomozione terrestre i segmenti corporei sono sottoposti a forze d’impatto di forma periodica, per esempio ogni volta che il piede si appoggia durante la marcia, la corsa o i salti. In queste situazioni la muscolatura lavora, in primo luogo, in forma eccentrica per trattenere il movimento e, immediatamente dopo, in forma concentrica. E il conosciuto ciclo di allungamento-accorciamento (Komi, 1984). Nella locomozione acquatica, e quindi in situazione di ipogravita idrostatica, il corpo umano non sperimenta queste forze di impatto e, conseguentemente, l’importanza del ciclo allungamento-accorciamento è minima. Durante il nuoto predominano quindi le azioni muscolari di carattere concentrico. Soltanto nelle partenze e nelle virate, dove il nuotatore si spinge da una superficie solida, la muscolatura degli arti inferiori segue il ciclo di allungamento-accorciamento.
Ciò non accade nel caso dei pesci e dei cetacei che, nel loro movimento ondulatorio attivano il ciclo di stiramento-accorciamento. La figura 9, che rappresenta il movimento ondulatorio di un delfino, evidenzia come alla fine del movimento discendente la muscolatura dorsale si allunghi e determini una fase eccentrica precedentemente alla sua azione concentrica, mentre alla fine del movimento ascendente, è la muscolatura ventrale che si allunga eccentricamente precedentemente alla sua azione concentrica.
Presumibilmente, questo meccanismo di risparmio energetico è una delle ragioni per cui si spiega la differenza nell’efficienza della nuotata di questi animali rispetto a quelle dall’essere umano. D’altra parte, si può pensare che l’imitazione di questo tipo di nuotata da parte dell’essere umano possa anche mettere in funzione il citato ciclo però, per il momento, non ci sono studi che confermino questa ipotesi.
Fine quarta ed ultima parte
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